Il tema è caldissimo, in quanto da una parte si è verificata la tentazione da parte di molte società, spesso nel silenzio dei soci, da tale concetto (e con questo dai mille vincoli che riguardano le società a controllo pubblico, non solo per quanto riguarda il TUSP); dall’altra vi sono state, forse per reazione, orientamenti di alcune Sezioni di Controllo della Corte dei Conti (cfr. Sezione di Controllo per la Liguria, Deliberazione n. 3/2018/PAR) oggettivamente forzate.
La posizione che assume il MEF è chiara, ancorché non risolva i singoli casi che si possono configurate (né sarebbe possibile in un contesto così complesso), ed è certamente condivisibile.
Il MEF osserva, con riferimento all’art. 2, c. 1 del TUSP che:
- la lett. b) definisce il “controllo” come la situazione descritta nell’articolo 2359 del codice civile1, aggiungendo che il controllo può sussistere anche quando, in applicazione di norme di legge o statutarie o di patti parasociali, per le decisioni finanziarie e gestionali strategiche relative all’attività sociale sia richiesto il consenso unanime di tutte le parti che condividono il controllo;
- la lett. m) stabilisce che sono “società a controllo pubblico” le “società in cui una o più amministrazioni pubbliche esercitano poteri di controllo ai sensi della lettera b).
In sostanza, per il MEF la lettura combinata delle citate lettere induce a ritenere che il TUSP abbia voluto ampliare le fattispecie di controllo, riconoscendo che il controllo congiunto possa essere esercitato da più amministrazioni anche a prescindere dall’esistenza di un vincolo formale, tra le stesse, ovvero che si realizzi una ulteriore ipotesi di controllo congiunto, che è quella di pubbliche amministrazione che “esercitano tale controllo congiuntamente e mediante comportamenti concludenti, pure a prescindere dall’esistenza di un coordinamento formalizzato”.
La lettura, per altro, non solo conferma quella già esposta dal Consiglio di Stato nel suo parere n. 594/2014, ma è coerente con il diritto societario, che ha sì introdotto nel codice civile una disciplina dei patti parasociali anche per le società non quotate, sia quelle che si rivolgono al mercato del capitale di rischio senza quotazione (cd. società diffuse o aperte) che quelle a più circoscritta base azionaria (cd. società chiuse).
Va notato, in proposito, che l’obbligo di pubblicità del patto parasociale (art. 2341 ter c.c.) è previsto esclusivamente per le società aperte, mentre per le società chiuse: non è prevista la forma scritta e non vi è obbligo di pubblicità.
Il riconoscimento del controllo di fatto, dunque, è perfettamente coerente non solo con il TUSP, bensì anche con il Codice Civile.
Documenti collegati
Orientamento MEF 15 febbraio 2018
Oggetto: la nozione di “società a controllo pubblico” di cui all’articolo 2, comma 1, lett. m), del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175 (di seguito “TUSP”).
Per maggiori approfondimenti
Il nuovo Testo Unico sulle società a partecipazione pubblica
Bolzano | 8 marzo 2018 | Dettagli |
Cagliari | 15 marzo 2018 | Dettagli |
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