A cura di Dario Immordino
Il contratto di servizio che disciplina il rapporto tra l’Amministrazione affidante e la società affidataria “in house” in ordine alla gestione del servizio pubblico oggetto di affidamento non può qualificarsi quale accordo tra pubbliche amministrazioni, ma costituisce un atto di autonomia negoziale, motivo per cui la competenza a conoscere delle relative controversie spetta al giudice ordinario.
Ciò perché la partecipazione pubblica non muta la natura di soggetto privato della società, “la quale resta assoggettata al regime giuridico proprio dello strumento privatistico adoperato” e, conseguentemente, l’equiparazione alla pubblica amministrazione va “circoscritta alle sole ipotesi in cui sia la legge a effettuarla e nella misura in cui il soggetto privato sia preposto all’esercizio di attività amministrative e in relazione ad esse”.
Lo ha rilevato la Corte di Cassazione, sezioni unite, con l’ordinanza n. 8186 dell’8 febbraio 2022, che, in considerazione “dell’indubbia alterità soggettiva” della società partecipata nei confronti del socio pubblico, esclude la possibilità di qualificare pubblica amministrazione la società in house per la gestione di un servizio pubblico, in difetto di specifiche disposizioni di legge.
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