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Il codice degli appalti ‘dimentica’ le farmacie comunali
A cura di Andrea Grazzini
A cura di Andrea Grazzini
Tra le conseguenze inattese del Codice dei contratti pubblici del 2023 (inevitabili, quando si mette mano ad un’architettura complessa e stratificata) se ne registra una che riguarda il caso specifico delle farmacie comunali, più precisamente delle società in house che gestiscono farmacie comunali (i discorso riguarda, con qualche differenza, anche le aziende speciali).
Come noto, per le società in house l’art. 16, comma 7, del Testo unico delle società a partecipazione pubblica di cui al d. lgs. 19 agosto 2016, n. 175 (c.d. TUSPP) impone l’obbligo di applicare il codice dei contratti pubblici (la norma rimanda all’allora vigente d. lgs. 18 aprile 2016, n. 50, c.d. Codice dei contratti pubblici).
Tale disposizione era stata ‘preannunciata’ nello stesso Codice del 2016, il cui art. 1, comma 3, conteneva il seguente inciso: “alle società con capitale pubblico anche non maggioritario, che non sono organismi di diritto pubblico, che hanno ad oggetto della loro attività la realizzazione di lavori o opere, ovvero la produzione di beni o servizi non destinati ad essere collocati sul mercato in regime di libera concorrenza, si applica la disciplina prevista dai Testi unici sui servizi pubblici locali di interesse economico generale e in materia di società a partecipazione pubblica”.
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