Recesso ex art. 24, c. 5. I problemi da risolvere
Passata la fatidica data del 30 settembre è ora di riflettere sugli effetti del periodo di razionalizzazione straordinaria, e quindi sui risultati ottenuti e, soprattutto, su cosa accade nei casi di situazioni rimaste irrisolte.
di Stefano Pozzoli e Nadezda Sergeeva
Un problema si presenta, ovviamente, quando una dismissione non sia andata a buon fine, non si sia conclusa o si sia in qualche modo cambiato idea.
L’articolo 24, c. 5 stabilisce che, in caso di mancata alienazione entro i termini previsti, “il socio pubblico non può esercitare i diritti sociali nei confronti della società e, salvo in ogni caso il potere di alienare la partecipazione, la medesima è liquidata in denaro in base ai criteri stabiliti dall’articolo 2437-ter, secondo comma, e seguendo il procedimento di cui all’articolo 2437-quater del codice civile”. La disposizione non è perfettamente allineata al dettato civilistico, che pure in parte viene richiamato.
Per il codice civile, i diritti sociali connessi alla partecipazione sono sospesi, anche se la qualifica di socio viene meno solo al rimborso della quota. Il recesso, ancora, è irrevocabile e, dal momento del ricevimento della dichiarazione di recesso, decorre il termine per la liquidazione della quota, che deve essere eseguito entro 180 giorni. In sostanza l’ente pubblico che nei 12 mesi successivi alla approvazione del piano non sia riuscito a cedere le quote o semplicemente sia rimasto inerte, perde i diritti sociali, e quindi non ha più il diritto di partecipare alle assemblee. Continua a leggere….
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